La profezia che si autoadempie: quando la prima impressione diventa anche l’ultima

La profezia che si autoadempie riassume al meglio diverse situazioni che nascono da una prima impressione, destinata a rimanere anche l’ultima. Ecco cosa succede quando si pongono etichette, su se stessi o sugli altri...

Una bella cresta, pantaloni sgualciti, felpa con il cappuccio in testa e “postura sciolta”: ecco l’identikit di molti studenti che ho incontrato negli ultimi mesi. Per postura sciolta intendo soprattutto quel modo originale di stare praticamente distesi sulla sedia, come se fosse una sdraio da spiaggia.

Uno studente mi ha spiegato con un piglio poco collaborativo che “…è colpa dei pantaloni a vita bassa che ingessano i movimenti e impediscono di stare seduti dritti”; sicuramente una risposta creativa alle mie perplessità su questo tipo di postura.

Ovviamente non mi sono fatta scappare l’occasione per dire la mia: “La moda è una cosa, l’educazione è un’altra…e poi con il cappuccio in testa tutto il giorno perderete sicuramente i capelli tra pochi mesi”. Non ci crederete, ma dal giorno successivo tutte le teste erano all’aria aperta! Il panico da calvizia ha fatto scomparire i cappucci. Avrò avuto fortuna, chissà.

Ironia a parte, a volte, non si sa davvero che pesci pigliare con le persone con cui ci troviamo ad interagire: studenti, colleghi di lavoro, familiari, persone che incontriamo per caso nel parcheggio del supermercato.

Sembrare o essere? Che impressione diamo agli altri? E gli altri, che impressione ci lasciano? A scuola e nel lavoro, e in generale nelle interazioni con gli altri, è necessario farsi anche queste domande per vivere meglio. L’argomento è complesso e molto ampio, riguarda aspetti psicologici, sociologici, culturali e chi più ne ha, più ne metta.

Dal mio punto di vista, la profezia che si autoadempie – che ora proverò a spiegarvi in maniera molto semplice – riassume al meglio diverse situazioni che nascono da una prima impressione, destinata a rimanere anche l’ultima.

La profezia che si autoadempie, chiamata anche profezia che si autorealizza o che si autoavvera e teorizzata negli anni Quaranta da Merton e poi ripresa da Watzlawick negli anni Settanta, è un concetto che ha forti ripercussioni sia individuali che collettive.

Le aspettative di una persona rispetto ad altre persone o a eventi che stanno per accadere influenzano realmente percezioni e comportamenti, sia propri che degli altri.

Chiedo scusa per il gioco di parole ma…ve lo aspettavate? Già, le aspettative orientano i comportamenti e i modi di essere, vostri e delle altre persone.

Dire che una persona è in un certo modo, o dire che è incapace di fare determinate cose significa porre un’etichetta difficile da rimuovere. Se vi aspettate che una persona sia in un certo modo, si attiveranno tutta una serie di comportamenti per certificare quell’aspettativa e, comunque, voi stessi per primi sarete maggiormente concentrati sugli atteggiamenti concordi con la vostra opinione, dimenticandovi di sbirciare anche altrove.

In altre parole, la profezia che si autoadempie vi dice che le vostre aspettative sono più potenti di quel che pensate. Per questo motivo, prima di costruire cornici dentro le quali rinchiudere possibili atteggiamenti vostri o di altre persone, sarebbe bene aver considerato più elementi.

A fronte di quanto avete appena letto, che ne pensate ora di quel ragazzo con la cresta e la postura sciolta che vi ho descritto all’inizio del post?

Sicuramente avrebbe bisogno di imparare ad essere più educato e forse dovrebbe trovare un buon parrucchiere e un personal shopper che lo consiglino meglio, ma non è detto che i suoi risultati a scuola debbano per forza essere sgualciti e improbabili come i suoi pantaloni.

Quel che è certo è che se lo penserete da subito, ancora prima di fargli scrivere una riga di compito, lui farà il possibile per accontentarvi.

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2 Comments

  • In realtà, anche se la “profezia che si autodetermina” é una teoria assolutamente valida di cui ci si dovrebbe ricordare forse più spesso nel nostro agire quotidiano,, la questione relativa al ragazzo è un pò diversa se si tiene conto del contesto. Una cresta ed un atteggiamento sciolto sarà diversamente percepito infatti, e quindi di conseguenza le aspettative relative ad eventuali risultati, se il ragazzo frequenta un liceo o un istituto artistico. E lo dico a ragion veduta, essendomi laureata al DAMS in anni in cui creste multicolore che avrebbero fatto rabbrividire i docenti di atenei secolari, si sono rivelate poi menti brillanti di apprezzati e celebri professionisti. L’apparenza molto spesso inganna, pur se un abito più tradizionale può rendere un percorso sicuramente più facile. Debora

    • Cara Debora,
      Hai centrato il punto! A seconda della cornice in cui siamo immersi, che dà senso e significato alla nostra quotidianità, alcune situazioni risultranno più o meno familiari. La sfida é proprio quella di uscire dalle proprie cornici, riuscendo a sospendere la normale tendenza ad incasellare azioni e comportamenti in categorie predefinite. Il contesto opera in modo positivo dandoci sicurezza, ma può rivelarsi una trappola – come dici giustamente tu – nel momento in cui ingabbia e limita la visione. La profezia che si autoadempie é un esempio di quanto sia complesso indossare nuovi occhiali prima di crearsi un’opinione e di quanto sia faticoso uscire dalle proprie cornici. Grazie per questo tuo contributo!!! P.s. io adoro le creste…eh eh eh.

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