“Era l’unico modo per sentire le mani di mio figlio abbracciarmi: in quel momento reagiva”
Questa frase l’ha pronunciata K.L., mamma di un ragazzino autistico di 14 anni, dopo averlo tenuto per le braccia sul cornicione di casa rischiando di farlo precipitare.
L’autismo rappresenta uno dei misteri più complessi e affascinanti del comportamento umano, che nemmeno gli studi più approfonditi sono riusciti a decifrare del tutto.
La parola autismo deriva dal greco “autòs”, ossia “se stesso” e si riferisce ad un disturbo neurologico che si manifesta fin dall’infanzia con rilevanti deficit nella cognizione, nell’interazione e nella comunicazione.
In particolare il soggetto autistico tende a isolarsi, a ignorare gli altri, a non cercare in nessun modo lo scambio verbale e non verbale, a cercare di mantenere statica la sua attività e a presentare comportamenti auto ed etero aggressivi.
Qualcuno interpreta questo modo di essere come segno di scarsa intelligenza, ma non è affatto così: ci sono esempi illustri di persone autistiche che hanno condotto una brillante carriera, come per esempio Newton, Einstein, Michelangelo, Darwin e Mozart.
Si tratta di “un modo particolare di vivere”, che racchiude in sé qualcosa di unico e “forte” e che non va considerato come una semplice malattia (alcune diagnosi vengono effettuate, precocemente, già a due anni!).
Anche l’ipotesi biologica è molto rischiosa: un bel paradosso dice che “si è geneticamente determinati per non esserlo”.
L’autismo è l’interfaccia tra cultura e società: quello degli anni ’50 per esempio non ha nulla a che vedere con quello di oggi.
L’isolamento dei bambini autistici non avviene solo per il loro essere “chiusi a conchiglia”, ma è purtroppo incentivato dal contesto sociale in cui viviamo che considera il “diverso” come “meno importante” e “svantaggiato”.
I più piccoli in questo senso insegnano molto: infatti, situazioni come centri estivi, oratori e gruppi sportivi possono stimolare un’integrazione che in altri contesti più maturi purtroppo non si sviluppa.
Curiosità e voglia di conoscere l’altro sono caratteristiche umane che stanno perdendo di valore e la società ne risente molto: non è “l’autistico” che dev’essere coinvolto e incluso socialmente, ma la Persona. Bisognerebbe approcciarsi a tutte le differenze in questo modo, co-costruendo i rapporti umani.
Il 18 giugno si festeggia in tutto il mondo l’Autistic Pride Day, ovvero la Giornata dell’orgoglio autistico.
Le definizioni tecniche non sono mai “calorose”, per cui vi lascio con questo bel pensiero di Jean-Paul Malfatti:
“L’autismo non è una malattia né una scelta, è semplicemente un modo, diciamo, non del tutto ‘convenzionale’ di esprimersi e di porsi con il mondo circostante. Per capirlo basta solo un po’ di pazienza, qualche accorgimento e molto amore verso chi non riesce ad interagire con gli altri in quei soli modi che riteniamo ‘normali’ e comprensibili a tutti.”
Ringraziamento e gratitudine
Grazie, grazie infinite, non immaginate l’emozione che ho provato (e ancora provo) nel sapere che la mia frase è stata scelta da voi per questo vostro stupendo articolo.
Mi ritengo il mio lettore più immediato e puntuale perché mi leggo mentre scrivo. Però senza di voi che mi leggete sempre o una volta ogni tanto, forse avrei smesso di scrivere subito dopo la mia prima scrittura, visto che da allora siete diventati la mia principale fonte di ispirazioni e incoraggiamento.
Con grande stima e sincero affetto,
Jean-Paul Malfatti, aspirante poeta e libero pensatore.
Grazie a te Jean-Paul! :)