Diego Dominguez, mitico mediano d’apertura ed ex capitano della Nazionale italiana, ha detto che “a rugby si gioca con le mani e con i piedi, ma in particolare con la testa e con il cuore”.
Oggi scopriremo che dietro lo sport di squadra per eccellenza c’è una precisa filosofia di vita, un modo di pensare che rende psicologicamente forti e sicuri: una sensazione tanto bella quanto rara oggi, soprattutto per un giovane.
Le storie sulle sue origini sono molteplici e delle più varie, anche se ufficialmente si dice sia nato nel 1823 nell’omonima città inglese, situata a circa 20 km da Coventry.
William Webb Ellis, durante una partita di football, prese la palla con le mani e corse fino alla linea di fondo campo per poi schiacciarla a terra e urlare “Meta!”.
Ora entriamo nel vivo del gioco: quali sono le caratteristiche principali del rugby?
- ha una tradizione molto radicata;
- è uno sport “per tutti”: i diversi ruoli, infatti, richiedono caratteristiche fisiche diverse tra loro;
- si gioca con una palla ovale, perché consente una miglior presa con le mani;
- si basa su regole molto precise e inviolabili;
- il solido codice etico che lo contraddistingue favorisce valori come amicizia e fiducia reciproca;
- il valore fondamentale sul quale si basa è il rispetto (di se stessi, dell’avversario e delle regole);
- affiatamento, tecnica e fair play sono inscindibili;
- l’agonismo è legato alla cooperazione e alla condivisione (“si vince e si perde assieme”);
- l’avversario non è un nemico, ma è un compagno di gioco;
- le fasi dell’azione ricordano alcune tappe della nostra vita: CONQUISTA, AVANZAMENTO, SOSTEGNO, MANTENIMENTO, REALIZZAZIONE;
- dopo la partita c’è il Terzo Tempo, momento conviviale nel quale si mangia e si beve assieme agli avversari e alle due tifoserie: è la chiara manifestazione dello spirito rugbistico, basato sulla lealtà assoluta dentro e fuori dal campo.
Il fatto che si possa passare la palla solo all’indietro è davvero affascinante se lo consideriamo da un punto di vista psicologico: ogni giocatore deve fidarsi ciecamente dei suoi compagni, sa di avere “le spalle coperte”.
La determinazione, l’impegno, il coraggio e il sacrificio del collettivo sono al servizio del singolo, a prescindere dal ruolo: chiunque, con l’aiuto degli altri, può raggiungere la meta.
Un altro punto molto importante è il confronto con l’avversario, molto diretto e senza simulazioni: qualcuno dice che “Nel calcio vince chi cade, nel rugby chi resta in piedi”. Bisogna precisare poi che l’arbitro, riconosciuto pienamente nel suo ruolo, è semplificato anche dall’efficacia della tecnologia, per cui gli errori di valutazione sono drasticamente ridotti.
Lato psicologico…
Nella vita quotidiana siamo portati a cercare continui alibi per evitare il confronto, “delegando” lo scambio diretto ad altre forme di comunicazione: sms, messaggi privati o post attraverso i social network, mail, ecc.
I genitori di oggi giustificano molto frequentemente gli errori dei propri figli trovando una spiegazione accomodante a tutto, senza affrontare le situazioni a viso aperto.
Così, i più piccoli crescono con il timore della “fisicità” degli altri: l’allenatore-educatore di rugby ha il delicato compito di gestire la foga agonistica e caratteriale dei ragazzi, affinché nel gioco l’impeto non sia confuso con la violenza.
A detta di molti coach, se vent’anni fa bisognava placare l’ardore agonistico degli atleti più giovani, oggi bisogna stimolarla: i ragazzi infatti sono abituati a “combattere” attraverso i videogiochi e internet, che rappresentano una modalità “illusoria” di approccio allo scontro.
Vincere le paure, sentire il contatto con il terreno e portare rispetto per l’altro sono cose che rendono il rugby non solo uno sport, ma un’autentica rappresentazione della realtà.