La scrittrice per l’infanzia Madeleine L’Engle ha detto:
Il paradosso senza fine è che noi impariamo attraverso il dolore.
Ultimamente impazza una terribile moda, quella dell’autolesionismo condiviso nel web.
Poco studiato e conosciuto, soprattutto da insegnanti e genitori, il fenomeno è rinforzato anche dall’estrema facilità di accesso alla rete da parte dei più giovani.
Si tratta di una vera e propria epidemia del disagio: i selfie delle ”cutters” provocano un’emulazione di tipo virale, in particolare sui social network Facebook e Tumblr.
Perché si dovrebbe rendere pubblico un problema così personale e privato?
È cambiata la persona o il suo modo di soffrire?
Entrambi, direi.
Foto, video e parole condivise hanno modificato il nostro atteggiamento nei confronti del dolore.
La quantità industriale di stimoli virtuali ai quali siamo sottoposti ogni giorno ha alzato in maniera preoccupante il grado di sopportazione di fronte a certe immagini e situazioni problematiche.
In un adolescente tutto questo è ulteriormente amplificato, fino a fargli perdere il contatto con la gravità delle proprie azioni.
Dalla condivisione nei social network di certi contenuti agli atti di cyberbullismo il passo è davvero breve.
Inoltre, il rischio che questo fenomeno sia continuamente alimentato dall’ingenuità delle nuove generazioni è altissimo.
Trovare delle valide soluzioni per aiutare i cutters e bloccare la condivisione di questo triste gesto è un imperativo che scuola e professionisti del settore sociale devono imporsi.